IRAN - Donne e pena di morte in Iran

IRAN - Women and the Death Penalty

11 Ottobre 2021 :

Donne e pena di morte in Iran: un'analisi degli ultimi 12 anni.
La Giornata mondiale contro la pena di morte 2021 è dedicata alle donne, siano esse già state giustiziate, o condannate, o imputate di reati capitali, o che abbiano avuto una condanna a morte commutata in detenzione, proscioglimento o grazia.
Iran Human Rights ha elaborato un rapporto sulle donne giustiziate in Iran negli ultimi 12 anni (2010-2021). Le esecuzioni di questo periodo non sono paragonabili al numero di esecuzioni di detenute politiche effettuato nei primi anni della “rivoluzione” islamista, numero molto alto ma che ancora oggi è difficile accertare. Anche ai giorni nostri comunque ci sono ampie prove del trattamento crudele e disumano riservato alle detenute, prove che saranno evidenziate in questo rapporto. Oggi, l'Iran ha il più alto numero di esecuzioni in assoluto dopo la Cina, e il più alto se rapportato alla popolazione, ed è in testa alle classifiche mondiali anche per quanto riguarda le esecuzioni di donne.
Nel 2020 sembra che nel mondo siano state giustiziate 16 donne. Di queste, 9 sono state impiccate in Iran. Come sempre, la maggior parte delle esecuzioni di donne avviene in segreto. Si stima che i media filogovernativi iraniani riportino circa il 30% delle esecuzioni effettuate, mentre del restante 70% non viene fatta parola. Quelle poche volte che una esecuzione femminile viene riportata, le donne sono spesso ritratte come madri malvagie, femmine fatali, o streghe. La realtà, tuttavia, è una stratificazione di discriminazione legislativa e sociale, disuguaglianza e tabù, che questo rapporto si propone di esaminare.
In occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte 2021, IHR ribadisce il suo appello all'Iran affinché stabilisca una moratoria sull'uso della pena di morte come primo passo verso l'abolizione, e perché le donne abbiano diritto alla parità diritti civili e uguaglianza davanti alla legge. Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore di IHR, ha dichiarato: “Nel 2021, il mondo non dovrebbe tollerare leggi che legittimano la pena di morte, che è la punizione più crudele, disumana e discriminatoria del nostro tempo. In questa Giornata mondiale contro la pena di morte, cerchiamo di essere la voce delle donne nel braccio della morte, per lo più sconosciute e provenienti da ambienti emarginati”.
Fatti e cifre:
Le seguenti statistiche si riferiscono alle esecuzioni di donne registrate da Iran Human Rights tra il 1° gennaio 2010 e il 10 ottobre 2021;
Almeno 164 donne sono state giustiziate;
Le esecuzioni femminili rappresentano il 2,57% di tutte le esecuzioni nello stesso periodo.
Il 31% (51) delle esecuzioni è stato annunciato da fonti ufficiali e il 69% (113) è stato effettuato segretamente o non annunciato.
Almeno 86 donne sono state giustiziate con accuse legate alla droga;
Almeno 60 donne sono state giustiziate con l'accusa di omicidio;
Delle tre donne giustiziate con accuse di “attentato alla sicurezza dello stato”, due sono state giustiziate con l'accusa di spionaggio La terza donna (Shirin Alamhooli), è stata giustiziata con l'accusa di moharebeh (inimicizia contro Dio) per l'appartenenza a un gruppo di opposizione curdo;
Le accuse contro 15 delle donne sono sconosciute;
3 delle donne giustiziate erano minorenni;
1 donna (Zahra Bahrami) è stata giustiziata con accuse di droga dopo essere stata arrestata in relazione alle proteste del 2009 e originariamente condannata per moharebeh (inimicizia contro Dio).
Background.
Il contesto e lo sfondo delle esecuzioni femminili in Iran devono essere esaminati attraverso il quadro legislativo della pena di morte in generale e delle violazioni dei diritti e delle questioni sociali affrontate dalle donne in particolare. Ogni anno Iran Human Rights e ECMP (Insieme Contro la Pena di Morte) pubblicano un rapporto completo sulla pena di morte in Iran, che fornisce una ripartizione dettagliata del quadro legislativo e delle procedure. Ai fini della presente relazione viene fornita una versione più sintetica relativa all'esecuzione di donne in questo periodo. La pena di morte è sanzionata per una serie di reati che non possono essere considerati "reati più gravi" e non soddisfano le disposizioni del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR), ratificato dall'Iran nel 1975. Dei casi registrati nel 2010 -2021, tutte tranne due (spionaggio) delle accuse note contro le 164 donne erano per reati legati alla droga e omicidio. Una volta arrestati, le confessioni sono il modo più comune per provare la colpevolezza nei casi di pena di morte. Inoltre, nei casi qisas (relatici a casi di aggressione/omicidio), la testimonianza di una donna è considerata priva di valore. Tutti i prigionieri del braccio della morte con cui IHR è stato in contatto hanno testimoniato di essere stati sottoposti a tortura per confessare il crimine di cui erano accusati. Questo non è limitato solo a quelli con accuse politiche o legate alla sicurezza. Quasi tutti i prigionieri che sono stati arrestati per reati legati alla droga sono stati tenuti in isolamento e sottoposti a torture fisiche nella fase investigativa successiva alla loro detenzione, mentre è stato loro negato l'accesso a un avvocato. In molti casi, le confessioni estorte durante la detenzione sono state le uniche prove a disposizione del giudice su cui basare il verdetto. La tortura viene utilizzata anche in altri casi che coinvolgono stupro o omicidio in cui non ci sono prove sufficienti contro il sospettato. Il punto importante da notare è la sistematica negazione del giusto processo, processi iniqui, uso della tortura e della costrizione, confessioni forzate e mancanza di un sistema giudiziario trasparente e indipendente.
Le donne affrontano anche la disuguaglianza davanti alla legge e la discriminazione della società prima di aver commesso qualsiasi crimine. Come dicono le statistiche globali, la povertà è un fattore alla base dei casi di pena di morte. Ciò è particolarmente evidente nelle esecuzioni legate alla droga, ma si estende anche ai casi di omicidio. Tradizionalmente, gli uomini sono considerati i capifamiglia e quando le donne della classe operaia che non hanno ricevuto un'istruzione o competenze professionali sono lasciate a crescere i loro figli da sole, senza alcun sostegno da parte dello stato, sono costrette a fare ciò che possono per sopravvivere. Quando una madre single di cinque figli, compreso un figlio disabile, è stata giustiziata con l'accusa di droga, la sua famiglia non poteva nemmeno permettersi di seppellirla. E il suo caso non è affatto isolato o unico.
A livello sociale, le donne affrontano anche matrimoni forzati; sei spose bambine erano tra le donne giustiziate nel 2010-2021 e una donna (Safieh Ghafouri, accusata di omicidio) era una “aroose-khoon-bas”, una sposa offerta da una tribù alla tribù avversaria per fermare lo spargimento di sangue. All'interno del matrimonio stesso, la donna non ha diritto al divorzio, anche nei casi di abusi domestici, nascosti nei codici culturali e nel linguaggio. Nel 66% dei casi di omicidio noti, le donne sono state condannate per aver ucciso il marito o il partner. Anche la malattia mentale rimane un argomento tabù, con cure e trattamenti inadeguati all'interno della società iraniana in generale.
Esecuzioni “Qisas”.
Secondo il codice penale islamico, Qisas o “retribuzione in natura” (in italiano spesso tradotto con “occhio per occhio”) è il diritto primario dei familiari della vittima di un omicidio. Lo Stato mette effettivamente la responsabilità delle esecuzioni per omicidio nelle mani della famiglia della vittima, la quale può rifiutare qualsiasi trattativa con la persona accusata, oppure chiedere un risarcimento in denaro, il diya (“prezzo del sangue”) in cambio del quale rinunciare al processo o, caso più raro, concedere direttamente il perdono senza aver ottenuto prima un risarcimento. Condanne a morte Qisas vengono comminate anche per i minorenni poiché, secondo la legge della sharia, l'età della responsabilità penale per le ragazze è di 9 anni e per i ragazzi di 15 anni lunari (8,7 anni per le ragazze e 14,6 anni per i ragazzi).
60 donne sono state giustiziate con l'accusa di omicidio nel 2010-2021;
Le accuse di omicidio rappresentano oltre il 90% di tutte le esecuzioni femminili dal 2018;
Delle 60 esecuzioni, i dettagli di 41 dei casi sono stati accertati dagli analisti delle Ong, e 19 sono sconosciuti;
Il 66% delle 41 donne è stato accusato dell'omicidio del partner, sia esso il marito, il fidanzato, l’amante o il cosiddetto “matrimonio temporaneo”, termine con cui solitamente ci si riferisce alla prostituzione;
6 delle donne erano spose bambine;
3 avevano meno di 18 anni al momento del reato ascritto;
2 affetti da malattie mentali accertate;
3 delle donne avevano commesso un omicidio per legittima difesa contro lo stupro;
1 delle donne era un “aroose-khoon-bas”, ossia una moglie offerta in scambio per un qualche tipo di debito.
Casi:
Reyhaneh Jabbari, 26 anni, è stata condannata a qisas per aver ucciso un uomo per legittima difesa contro lo stupro. È stata torturata perché confessasse autoaccusandosi, ma in seguito, dal carcere ha fatto trapelare la sua versione dei fatti, e degli interrogatori. È stata giustiziata il 25 ottobre 2014.
Zeinab Sakamvand era una sposa bambina, ancora minorenne all’epoca dei fatti, e vittima anche di abusi domestici e stupro da parte del cognato. È stata accusata di aver ucciso suo marito a 17 anni, cosa che lei ha negato. Ha sposato un altro detenuto in carcere e ha dato alla luce un bambino nato morto prima della sua esecuzione il 2 ottobre 2018.
Zeinab Khodamorad, 43 anni, soffriva di una malattia mentale acuta ed è stata ricoverata in ospedale dopo la nascita di suo figlio. Ha ucciso suo figlio e il figliastro dopo che suo marito l'ha fatta dimettere dall’ospedale contro il parere dei medici. È stata giustiziata il 29 dicembre 2020.
Maryam Karimi, è stata vittima di abusi domestici, ma suo marito ha rifiutato di acconsentire al divorzio. È stata nel braccio della morte per 13 anni con suo padre, Ebrahim Karimi, accusato di averla aiutata a uccidere il marito. L’impiccagione è stata eseguita il 15 marzo 2021 da sua figlia, che per il diritto islamico era soprattutto “figlia del padre”, ossia della vittima, e suo padre è stato portato a vedere il corpo morto di Maryam appeso al cappio.
Esecuzioni per droga.
Il 14 novembre 2017 è entrato in vigore un nuovo emendamento alla legge antinarcotici che include un meccanismo che, si era detto all’epoca, avrebbe dovuto limitare l'uso della pena di morte per reati non violenti di droga. Prima di questo, le accuse di droga costituivano la maggior parte delle esecuzioni di donne in Iran. L'emendamento ha portato a un calo significativo del numero di esecuzioni maschili per droga e a un completo declino delle esecuzioni femminili fino al 30 maggio 2021, data in cui una donna è stata giustiziata nella prigione di Qazvin. Le esecuzioni per droga sono dominate da problemi di povertà di fondo.
Casi:
Hourieh Sabahi, 35 anni, madre single di 5 figli, uno dei quali disabile, e Roghieh Khalaj, una madre single di 32 anni, sono state giustiziate con accuse legate alla droga nella prigione di Hamedan nell'ottobre 2011.
Zahra Bahrami, 46 anni, con doppia nazionalità, venne arrestata all'indomani delle proteste di popolo del 2009, e inizialmente condannata per “moharebeh” (inimicizia contro Dio), ma è stata successivamente torturata perché confessasse reati legati alla droga in un caso inventato che si è concluso con la sua esecuzione il 29 gennaio 2011.
Esecuzioni politiche.
Le accuse di “sicurezza” (attentato alla sicurezza dello stato) che comportano la pena di morte includono moharebeh (inimicizia contro Dio), efsad-fil-arz (corruzione sulla terra), baghy (ribellione armata) e spionaggio. Le vaghe accuse sotto la giurisdizione dei tribunali rivoluzionari sono spesso utilizzate contro i prigionieri politici.
Casi:
Shirin Alamhooli, 28 anni, è stata arrestata nel 2008 e condannata dal tribunale rivoluzionario per moharebeh (inimicizia contro Dio) in quanto appartenente al PEJAK, un gruppo di opposizione curdo Non parlava farsi al momento dell'interrogatorio e del procedimento legale. Nelle lettere dal carcere, ha descritto tre mesi di torture fisiche e mentali. Shirin è stata segretamente giustiziata nella prigione di Evin il 9 maggio 2010.
Cosa si può fare:
Emanare una moratoria sull'uso della pena di morte per lavorare progressivamente verso l'abolizione.
Cancellazione di tutte le leggi discriminatorie contro le donne per garantire il giusto processo e l'uguaglianza davanti alla legge, e garantire alle donne il diritto a un divorzio equo.
Imporre un divieto ai matrimoni precoci;
Fornire tutele legali contro gli abusi domestici e la violenza contro le donne.
Altre Ong di esuli iraniani che operano dall’estero hanno promosso appelli simili a quello di IHR. Ad esempio, Iran Human Rights Monitor (Iran HRM) ha fatto appello alla comunità internazionale perché faccia pressione sul regime iraniano affinché interrompa l'uso frequente della pena di morte, in particolare contro le donne, e annulli tutti i relativi decreti. Iran HRM ha inoltre richiamato l'attenzione della comunità internazionale sulla deplorevole situazione delle donne nel braccio della morte in Iran. 

Iran Human Rights | Article: Women and the Death Penalty in Iran: a 12 Year Analysis | (iranhr.net)

On World Day Against Death Penalty call for stop execution of women in Iran (iran-hrm.com)

 

altre news