Intervento di Francesca Mambro

08 Gennaio 2014 :

V° CONGRESSO DI NESSUNO TOCCHI CAINO
Intervento di Francesca Mambro
 
Una delle mie mansioni è cercare di convincere le amministrazioni locali ad acquistare copie del nostro “rapporto annuale sulla pena di morte” per poi regalarle alle scuole e alle biblioteche. Lo faccio ormai da 15 anni, e col passare del tempo diventa sempre più difficile. È difficile per i tagli ai budget, questo è ovvio, ma è difficile anche per un altro motivo, un motivo culturale: i funzionari o gli assessori con cui parlo magari non lo dicono esplicitamente, ma col passare degli anni sono sempre più convinti che “la pena di morte non sia una cosa importante, e comunque, non in Italia”. Un tempo non era così. Quando le ideologie erano più forti, ed i partiti più strutturati, e nei posti giusti arrivavano anche persone colte, parlavamo tutti una lingua comune, era chiaro a tutti che quello che accadeva dall’altra parte del mondo era in qualche modo collegato anche a noi.
Oggi questa consapevolezza non c’è più. Ma non è un problema solo di Caino. Una volta quelli della mia generazione, presi dall’euforia delle ideologie, sostenevano che “la libertà o è di tutti o non è di nessuno”. Io oggi mi ritrovo sempre più spesso a ripetere lo stesso concetto: i diritti umani, o sono di tutti, o non sono di nessuno. E i diritti umani, o li si prende tutti insieme, o non sono. I diritti umani del peggiore dei criminali sono gli stessi del malato, del bambino, del rifugiato politico, dell’esiliato, del malato mentale, dell’infedele, del miscredente, del portatore di handicap. Mi trovo a ripetere che non è saggio illudersi che ci siano abissi di differenza tra il cittadino innocente e il cittadino colpevole, perché chi è innocente oggi potrebbe essere colpevole domani, perché quello che oggi è innocenza o virtù, domani potrebbe essere altro, o perché alla fine ci si giudica sempre da soli, e nel segreto dell’anima tutti si sentono innocenti, o comunque pensano che i colpevoli siano gli altri. Ripeto con un filo di voce, spesso al telefono, che si equivalgono i diritti dell’indigente, del migrante, di chi nella vita ha sempre avuto ragione, e di chi ha sempre avuto torto, di chi è nato intelligente e di chi è nato stupido, di chi ha studiato e di chi non lo ha fatto.
Invece ormai non è più così, tutti sembrano dare per scontato che esistano diritti prioritari, urgenti, importanti, ed altri che possono aspettare. Che esistono persone che i diritti li hanno tutti, e persone che ne hanno solo una parte, o pochissimi. O che li avevano, i diritti, e per colpa del loro comportamento li avrebbero persi.
Caino fa anche questo, un piccolo e costante lavoro di memoria. Un teologo protestante ricordava che Gesù per l’ultima cena aveva invitato anche Giuda, sapendo benissimo che era un traditore, un infame. Il teologo invitava a ricordarci sempre di questa circostanza. Dio non vuole l’esclusione nemmeno dei traditori, gli uomini invece passano il loro tempo ad escludersi l’un l’altro, a processarsi, a condannarsi.
Caino è più protestante dei teologi protestanti, e non solo si ricorda che Caino è il nostro antenato comune ed è illusorio sperare di essere poi tanto diversi da lui, ma sospetta anche che il Giuda che Cristo ha volutamente invitato all’ultima cena perché “tutto si compisse”, quel Giuda, è ancora qui con noi. Anche per noi occuparci dei peggiori tra i peggiori fa parte del disegno. Io poi non sono migliore degli altri Caini, e sono abbastanza convinta che, paludamenti a parte, Giuda siamo noi. Siamo quel Giuda che costantemente tradisce non tanto Dio, che tanto lui se la cava benissimo anche senza di noi, ma gli altri esseri umani, gli altri discendenti di Caino.