DIFENDERE L’INDIFENDIBILE, RIABILITARE IL CONDANNATO: SULL’UNITÀ TORNA LA LOTTA DI LIBERAZIONE DAL CARCERE DI NESSUNO TOCCHI CAINO

17 Maggio 2023 :

Sergio D’Elia su L’Unità del 17 maggio 2023

Il “viaggio della speranza” di Nessuno tocchi Caino nel mondo dei delitti e delle pene ha in questi anni percorso vie di comunicazione che ci hanno aiutato a superare o a ridurre il danno di regimi mentali e ordinamentali letteralmente mortiferi: la pena di morte, la pena fino alla morte, la morte per pena. Sono ormai – culturalmente e, in molti casi, anche giuridicamente – regimi anacronistici, reliquie di un passato che ci vergogniamo a conservare, abbiamo paura a maneggiare e teniamo nascoste nelle segrete stanze, appunto, della morte. Nei bracci dei condannati alla pena capitale e nelle sezioni del “carcere duro” e senza speranza, ma anche nelle celle di isolamento, transito, osservazione e assistenza detta “sanitaria” del “carcere normale” dove abbiamo concentrato poveracci, clandestini, tossici, malati terminali e malati di mente che in altri tempi tenevamo in altri luoghi che poi abbiamo chiuso perché inumani e degradanti.
Le vie del Signore, quello che “pose su Caino un segno perché non lo colpisse chiunque lo avesse incontrato”, sono davvero infinite, spesso imprevedibili, a volte sorprendenti. Quella che ha portato i “radicali pannelliani” a incontrare su un giornale della tradizione “comunista” un editore come Alfredo Romeo e un direttore come Piero Sansonetti, non era né imprevedibile né sorprendente, tanto comune e condiviso è stato in questi anni il nostro modo di pensare, di sentire e di agire.
Ringraziamo Il Riformista per aver deciso negli ultimi anni di ospitare ogni settimana una pagina di Nessuno tocchi Caino dove pubblicare fatti e raccontare storie che accadono nei regimi inquisitori e letali – giudiziari, penali e penitenziari – che, ormai superati nel corso della storia, residuano nell’attualità di casi del nostro tempo e del nostro mondo.
Ringraziamo L’Unità per aver aperto una nuova pista al nostro viaggio. Nel solco di una storia che il suo fondatore, Antonio Gramsci, tracciò a partire da un luogo, il carcere, dove lui “visse” per quasi otto anni, e dove noi, in modo diverso, “viviamo” da decenni, costantemente impegnati come siamo in quell’opera di misericordia corporale del “visitare i carcerati” (e i “carcerieri”) dalla quale – ammoniva Marco Pannella – non bisogna distrarsi neanche un attimo. Almeno fino a che non ci libereremo di questo istituto inutile e dannoso che continuiamo – giustamente – a chiamare “di pena”, questo essendo esattamente, strutturalmente dedito a incutere paura, a infliggere dolore, a “cohercere”, reprimere, a “carcar”, sotterrare, anime e corpi di persone vive.
Non tarderà ad arrivare un giorno – noi di Nessuno tocchi Caino, che siamo anche Spes contra Spem, cioè speriamo contro ogni speranza, faremo sì che sia un tempo politico e non storico – nel quale celebreremo la fine dello Stato-Caino, della maledizione terribile dei mezzi che pregiudicano i fini. A ben vedere, la nostra missione è quella, non di difendere Caino, ma di correggere l’errore capitale dello Stato che nel nome di Abele diventa esso stesso Caino. Ciò detto, continueremo a frequentare Caino, pasolinianamente, a identificarci col diverso, a scandalizzare, a bestemmiare. A pronunciare parole, proporre leggi vietate: amnistia, indulto, liberazione anticipata speciale! Saremo sempre in prima linea, anche su questo giornale, a difendere l’indifendibile, a “redimere” l’irredimibile, a umanizzare il mostruoso, a riabilitare il condannato, ad accogliere il reietto, a visitare il carcerato, a dar da mangiare all’affamato di amore e conoscenza, a dar da bere all’assetato di giustizia e verità.
Come abbiamo fatto sul Riformista, anche qui daremo voce a tutti, non solo ai “detenuti comuni”, che sono l’80%, ma anche a coloro che la “cronaca nera” scandalistica dell’informazione, nella sua professione di fede antimafiosa, continua a considerare “pericoli pubblici numero uno”, anche se oggi sono divenuti “costruttori di città”, convertiti al pubblico servizio, civile e nonviolento, di Nessuno tocchi Caino. Racconteremo le storie non solo di quelli che sono passati dalle patrie galere e per ciò stesso condannati a un “fine pena mai” morale e civile, ma anche di altri dannati a vita: gli irredimibili abitanti le terre del male come la Campania, la Calabria, la Sicilia, dove gli imprenditori proposti o interdetti e i Sindaci dei comuni continuano a patire misure di prevenzione, interdittive, scioglimenti prefettizi e altri torti e tormenti della Santa Inquisizione Antimafia che nel sud d’Italia in particolare continua a causare danni individuali e sociali incalcolabili.
Il nostro “Nessuno tocchi Caino” vale anche per loro, per questi “Ministri per la promozione della Virtù e la prevenzione del Vizio” che come le Erinni della tragedia di Eschilo pensano solo al male, tramano sospetti, sibilano maldicenze, seminano odio. A tutti, anche a loro, vogliamo succeda ciò per cui noi viviamo e lottiamo: la conversione del potere allo Stato di Diritto, a un ordine fondato sul dialogo e la nonviolenza, a una vita fondata sull’amore, a una giustizia temperata dalla grazia.

 

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