INDIA: CORTE SUPREMA COMMUTA CONDANNA A MORTE PERCHÉ È ‘POSSIBILE IL CAMBIAMENTO’ DEL REO

La Corte Suprema Indiana

22 Marzo 2023 :

La Corte Suprema dell’India il 21 marzo 2023 ha commutato la condanna a morte di un uomo che nel 2009 rapì e uccise un bambino di sette anni nel Tamil Nadu in 20 anni di reclusione, essendoci “possibilità di cambiamento” del reo nonostante la gravità del crimine commesso.
Osservando che non c'è motivo di dubitare della colpevolezza dell'uomo, il collegio della Corte Suprema presieduto dal giudice DY Chandrachud ha deciso che venga condannato all'ergastolo per non meno di 20 anni senza sospensione o remissione.
Il Collegio ha commutato la condanna capitale dopo aver preso atto che l'udienza sulla sentenza non è stata condotta separatamente nel tribunale di primo grado e le circostanze attenuanti non sono state considerate nelle corti d'appello prima di emettere la pena capitale.
La decisione della Corte Suprema è arrivata a seguito della richiesta di revisione presentata da Sundar alias Sundarrajan, che prelevò la vittima mentre tornava da scuola il 27 luglio 2009.
Nella stessa notte, la madre della vittima ricevette al cellulare una chiamata da Sundar, che chiedeva un riscatto di 500.000 rupie per il suo rilascio.
Il 30 luglio 2009, la polizia fece irruzione nella casa di Sundar e lo arrestò insieme a un coimputato che è stato poi assolto. Sundar ha confessato di aver strangolato il bambino, mettendo il suo corpo in un sacco di iuta abbandonato poi presso il villaggio di Meerankulam.
L'Alta Corte di Madras il 30 settembre 2010 ha confermato la colpevolezza e la condanna a morte, confermata anche dalla Corte Suprema il 5 febbraio 2013.
Sundar ha presentato un ricorso dinanzi alla Corte Suprema nel 2013 chiedendo una revisione della sua colpevolezza per il reato di omicidio e della condanna a morte sulla base della decisione di un Collegio Costituzionale nel caso Mohd. Arif contro Registrar, Corte Suprema dell'India.
Il Collegio Costituzionale ha ritenuto che le domande di revisione del giudizio di colpevolezza e dell'imposizione della condanna a morte dovessero essere esaminate in un’udienza pubblica.
Nel suo verdetto di 51 pagine, la Corte Suprema ha inoltre preso atto dell'affermazione dell'uomo secondo cui non ha potuto comunicare le circostanze attenuanti all'avvocato e ai suoi parenti, i quali, essendo poveri e ignoranti, non hanno potuto opportunamente difenderlo.
La Corte ha affermato che, sulla base di questi elementi, non si può affermare che non vi sia alcuna possibilità di riforma, anche se Sundar ha commesso un crimine orribile.
“Dobbiamo considerare diverse attenuanti: il ricorrente non ha precedenti, aveva 23 anni quando ha commesso il crimine e dal 2009 si trova in carcere, dove la sua condotta è stata soddisfacente, salvo un tentativo di evasione nel 2013.
“Il ricorrente soffre di ipertensione e ha tentato di acquisire un'istruzione di base sotto forma di un diploma in ristorazione. L'acquisizione di una competenza in carcere ha un impatto importante sulla sua capacità di condurre una vita autonoma.”
La Corte Suprema ha affermato che, sebbene il crimine commesso dall'uomo sia indiscutibilmente grave e imperdonabile, non sia appropriato confermare la condanna a morte che gli è stata inflitta.
“La dottrina del caso 'più raro tra i rari' richiede che la condanna a morte non venga imposta solo tenendo conto della natura grave del crimine, ma solo se non vi è alcuna possibilità di riforma del reo.
"Considerando i fatti del presente caso, siamo dell'opinione ponderata che il ricorrente debba scontare l'ergastolo per non meno di 20 anni senza remissione della pena", ha affermato il collegio, composto anche dai giudici Hima Kohli e PS Narasimha.
La Corte Suprema ha affermato che è dovere del tribunale indagare sulle circostanze attenuanti ed eventualmente precludere la possibilità di riforma e riabilitazione prima di imporre la pena di morte.
“Lo stato deve ugualmente mettere a verbale tutto il materiale e le circostanze che riguardano la probabilità di riforma. Molti di questi materiali e circostanze sono a conoscenza dello Stato che ha avuto in custodia l'imputato sia prima che dopo la condanna.
“Inoltre, il tribunale non può essere uno spettatore indifferente nel processo. Il processo e i poteri del tribunale possono essere utilizzati per garantire che tale materiale sia messo a sua disposizione per raggiungere una giusta decisione sulla sentenza, che tenga conto della probabilità di recupero", ha affermato il collegio.

 

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